Animals as Leaders, Naked Awareness, TesseracT, Gianluca Ferro

Quando gli dei della chitarra shred sono morti ci siamo ritrovati con molti meno boccoli, senza lacca, nè dita che volavano sulle tastiere, oltre ad un vago senso che il coattume fosse -ahimè- finito. Così quando accanto allo sciamano Steve Vai in camice hippy e capelli che svolazzavano di fronte a macchine per il vento comparve un sobrio, rasato e pacifico Tosin Abasi su una copertina di Guitar World si ebbe la sensazione che qualcosa fosse cambiato.

Nel 25esimo anniversario di Passion & Warfare di Steve Vai -celebrato da un doppio con inediti che ancora sembrano all’avanguardia- anche Tosin Abasi ritorna con un pezzo che sembra dare tutta la cifra del nuovo corso del djent. Scordatevi gli intrecci metrici feroci delle 8 corde distorte. Stavolta un piacevole e quasi rilassante fiddler irlandese mescola cadenze jazz, qualche increspatura a rompere la metrica ogni tanto, temi melodicamente complessi. Il risultato é il djent del domani, che guarda da tantissime parti, perfino all’acustica, alla musica etnica. Credibilmente.

Animals as Leaders  – Brain Dance

Ed a proposito di Steve Vai e Tosin Abasi, via AltProgCore, sentite tutte le tracce, ma in particolare Become Whales di questi Naked Awareness. Anche qui djent, shred, arpeggi misti a tapping feroci sul pulito su soundscapes spaziali. Ma anche richiami all’acustica di Michael Hedges o Steve Tibbetts.

Un altro punto di vista l’hanno dato i TesseracT con Errai, che altro non é che quattro pezzi di Polaris re-immaginati. Già Polaris di suo era un djent reimmaginato, quindi figurarsi risentire Survival totalmente priva di chitarre distorte, con una progressione reinventata per piano, drums programmate e chitarre pulite. Cages é tutta giocata sul dialogo ad interlocking delle chitarre che tracciano una poliritmia sotto la voce di Tompkins dolce e nascosta. Niente growls, niente botte in distorto. Quattro pezzi in tutto, che djent apparentemente non conservano più nulla se non ben nascosto sotto la coltre.

Pieni di ritornelli sempre accattivanti, cantabili e muri di accordi distorti, i pezzi di Gianluca Ferro sono dei capolavori nascosti di metal progressive. Gianluca é uno shredder dei più conosciuti -cosa che lo porta al confinamenti automatico nella nicchia dei cotonati di cui sopra- ma anche un didatta: non solo di tecnica, ma anche di teoria. E si vede nei suoi pezzi, che vanno in bilico tra le tonalità, oppure sospendono il centro tonale, usano scale simmetriche, oltre ad uno stuolo di metriche complesse. Ed una tecnica sempre elevatissima. Questo é il nuovo album, A Hole in the Ocean.

Novallo – Novallo II [2015]

Dire di una band prog o metal che abbia fatto un pezzo alla Justin Timberlake, significa decretarne la morte. Nel caso dei Novallo non é esattamente così. I AM, uno dei pezzi di punta dell’EP Novallo II é un pezzo con un groove funk suonato da una band di metal prog: ritmiche martellanti ed intricati unisoni sotto una tastiera degna del Jamiroquai dei tempi d’oro ed una voce soul da hit radiofonica.

Betty Phage goes to Bronxton é ha un andamento bluseggiante fatto di linee di chitarra che farebbero impazzire i tabulatori tra unisoni in trentaduesimi e legati impossibili. Il tutto a sostenere una voce che spazia tra musical e growl.

Divertente. Prog. Anche se funk.

Plini – Live in Japan Tour 2015 – 35min video

Il chitarrista australiano Plini ha pubblicato un video di 35 minuti di alta qualità registrato dal vivo in Giappone, accompagnato dalla seconda chitarra di lusso di un altro shredder dell’ultima generazione come Jakub Zytecki.

Plini é un perfetto esponente dell’ultima generazione di shredder: perfetta padronanza di legato, tapping -vedere Away a circa 21.30min- fraseggio rock e fusion. Una tendenza che, come i colleghi Sithu Aye, Chimp Spanner, Tosin Abasi ad esempio, mixa le ritmiche dispari folli di djent e progressive, insieme a riferimenti fusion -l’Eric Johnson sul pulito piuttosto che Allan Holdsworth– e ritmiche veloci post-hardcore.

TesseracT – Polaris [2015]

LFile:Album cover for Polaris (Tesseract album).jpga curiosità principale di Polaris dei TesseracT é capire come ha influito il passaggio in Kscope
della band. Interessante fare scommesse prima dell’ascolto su dove sarebbe andata la componente djent in un’etichetta che produce Anathema e Tim Bowness, che poco hanno a che spartire con il djent. In un’annata in cui Between the Buried and Me e Periphery, per fare esempi limitrofi, hanno sfornato album che non hanno abbandonato le radici, i TesseracT fanno capire perchè hanno sempre lavorato tanto sui loro album, come successe con One. La sensazione é Polaris riesca a spostare il tiro verso una direzione nuova, come forse il resto del djent dovrebbe fare.

Nonostante il granitico riff in 4+2 di Dystopia, sotto il quale la batteria di Postones crea una tipica polirtmica djent, qualcosa é non esattamente djent. Un lungo bridge atmosferico al centro del pezzo, linee melodiche semplicemente arrangiate, le linee vocali di Tompkins quasi funky soul nella seconda strofa.

E’ il preludio al pezzo più soprendente dell’album. Hexes é all’inizio una ballad delicata, introdotta da un bordone atmosferico, sul quale un arpeggio semplice da subito un senso di Anathema che stanno a guardare dalla finestra. E nel chorus le armonizzazioni della voci escono fuori da una canzone (!) dell’ultimo Sting. Il pezzo cresce intorno agli arpeggi terzinati prima in pulito, poi in un distorto grasso. A proposito, la scelta delle chitarre di suonare con meno overdrive e con un suono più metallico nel distorto é molto djent prima maniera, tanto da risultare decisamente ‘nuovo’ -vedi il suono criticatissimo del primo disco degli Animals as Leaders.

Un equilibrio tra djent/ambient (vecchia ricetta TesseracT) ed al prog che gioca tra psichedelia ed ambient stile Anathema torna su Tourniquet. Stavolta arpeggi in 4/4 e una ritmica al basso in quarti lasciano difficile distinguere i vecchi TesseracT. Oppure sentiamo Utopia: tutte le migliori ricette djent -perfino un rap nu-metal- accompagnato da un pervasivo ambient sotto, che suona a volte perfino sopra a batteria e distorsioni. Come in Cages, dove l’ambient lascia prima spazio alle voci -clean in praticamente tutto l’album, che qui concedono l’unico growl alla fine- per crescere gradualmente sullo stesso pattern fino alla fine. Insomma uno sviluppo del pezzo decisamente poco in linea con la ‘condotta djent’.

Messenger é forse il pezzo più old-style, costruito su un riff micidiale che tende sempre a strappare rabbiosamente alla rigida metrica di Postones, insieme a Phoenix e Survival. Costruiti su linee semplici sotto strutture complessissime dal punto di vista ritmico e di arrangiamento.

Polaris é infatti un album dal sound piuttosto integro e coerente, glaciale, attraversato da soluzioni non indimenticabili, ma ricercate, sperimentali, che sembrano rafforzare ancora di più l’idea di un suono che si sposta leggermente verso un’altra direzione. Forse é ora che tutto il djent, non solo i TesseracT, inizi a guardare in un’altra direzione.

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