Bobby Previte -Mass [2016]

Mentre ascolto End of Rawalpindi, una delle gemme di Escalator over the Hill di Carla Bley, mi riviene alla mente Mass di Bobby Previte. E poi subito dopo Paranoid dei Black Sabbath mi ricorda lo stesso disco. Quindi l’organo di Olivier Messiaen, le sue evasive scale omofoniche e gli impressionanti muri di suono richiamano ancora misteriosamente quest’album. Quasi un catalogo di citazioni al contrario. Una serie di pastiche a la Naked City -non a caso il prossimo che viene in mente é John Zorn, uno dei principali ispiratori della musica di Previte. Ecco, una serie di pastiche compongono Mass. Se non fosse che nè pastiche nè mesh-up -altra parola che si adatterebbe bene- danno la cifra di quest’album.

Composto in quasi dieci anni di lavoro, coinvolgendo Jamie Saft, nel ruolo inusuale delmass__download___581c707478dbble chitarre insieme a Stephen O’Malley di Sunn O))) e Dan McGeevy, Reed Mathis al basso, Marco Benevento all’organo a canne e lo stesso Previte alla batteria. Ma soprattutto il coro del Rose Ensemble, diretto da Jordan Sramek. Dieci anni in cui Bobby Previte, batterista che ha attraversato in lungo ed in largo l’avanguardia (jazz), ha pensato bene di riadattare una delle Messe più importanti del XV secolo, la Missa Sancti Jacobi di Guillaume Dufay (1397-1474). Reinterpretandola attraverso chiavi di letture decisamente blasfeme.

La Missa Sancti Jacobi é una scelta particolare. Prima di tutto per il compositore: Dufay é uno dei più importanti compositori del 1400 che sviluppa quella scrittura che avrà il suo punto massimo con Palestrina. La Missa Sancti Jacobi, inoltre, é il primo lavoro ad applicare la polifonia anche alle parti del proprium, ovvero quelle parti della Messa che non venivano eseguite in tutte le occasioni. L’articolazione di questo lavoro la avvicina ancora di più con la forma sinfonica moderna.

L’inizio dell’Introitus già mostra la cifra della struttura imbastita da Previte. L’intro dell’organo di Benevento lascia il posto all’attacco del tenore del cantus firmus. Immediatamente un drone potente porta il basso, quasi espandendo il canto a tre voci ad una ipotetica voce da basso. L’ingresso della batteria di Previte che dialoga con le ritmiche segna i binari paralleli: da una parte la sezione ritmica, nel centro le voci, l’organo occasionalmente da collante. Un contrasto scioccante tra delicatezza delle voci e devastanti chitarre distorte. Che, però, procedono su binari separati e paralleli.

Questo é il punto estetico forte del lavoro. La scrittura di Dufay é reinterpretata, ma mai alterata nella sostanza. Semmai amplificata dalle possenti ritmiche che diventano metal, doom come nel riff di Mathis nel Kyrie, hard rock nel Gloria, punk in Offertorium. Ed i mezzo Benevento a mantenere in qualche maniera tutti sullo stesso piano, a non richiamare troppo i cori da messa del black di inizio anni ’90, ad aggiungere organi distorti o motivi sospesi che citano Oliver Messiaen.

RareNoise records conferma la sua predilizione per gli incroci tra musica doom, dopo i FreeNelsonMandoomjazz. 

01. Introit
02. Kyrie
03. Gloria
04. Alle luia
05. Credo
06. Offering
07. Sanctus
08. Agnus Dei
09. Communion

Stephen O’Malley: Guitars Jamie Saft: guitars; Don McGreevy: guitars; Mike Gamble: guitars; Marco Benevento: pipe organ, Rheem organ; Reed Mathis: electric bass; Bobby Previte: drums, guitar, pipe organ, combo organ; The Rose Ensemble, Jordan Sramek.